martedì 5 maggio 2009

Dipendenza  affettiva    甘え

5月5日は子供の日 ( 5 Maggio : Giorno dei Bambini )

万年こどもの日本はどうなるのでしょう、子供の日にちなみ面白い記事

Renata Pisu

1991年8月22日付       La Repubblicaより 

                  ( Foto di Henri Cartier-Bresson)


La scimmia giapponese ( 1/2 )

Lo pscichiatra Takeo Doi,in un saggio appena tradotto,
cerca di interpretare le diversità (vere o presunte)
dell’uomo nippoico
Tutto si basa sul sinificato di « amae »,
una parola-chiave che puo voler dire anche amore

« Amae » è una parola chiave giapponese, che tra le altre cose vuol dire anche amore, un sentimento da intendersi sopratutto nella sua ricettività passiva : desiderio infinito di coccole, licenzia di fare capricci in nome di un’impunità degli affetti che tutto consente.

« Amae » è insomma una parola che dovrebbe spiegare l’anima nipponica e che indica un atteggiamento, un’emozione, un modo di essere e di rapportarsi agli altri proprio dei giapponesi.
Ovvero soltanto loro, nella loro lingua , hanno un termine preciso per definire un comportamento che è universale, ma in altre culture non si esprime con tanta esattezza o non predomina : « amae » è amore che tutto perdona, presunzione di essere amati senza dover far niente per meritarselo, richiesta di un’indulgenza senza fine : insomma, poter restare sempre bambini tentando di negare la separazione dalla madre e ricostituendo anche con il capufficio, anche con l’imperatore, quel rapporto primario di dolcissima fusione.

In definitiva, « amae » serve per spiegare e interpretare in chiave pscicoanalitica il comportamento e l’unicità dei giapponesi.

E’ questa l’analisti di Takeo Doi, lo pscichiatra che ha studiato le mille implicazioni di « amae » costruendovi sopra una teoria esposta nel suo famoso studio L’anatomia della dipendenza
amae » puo anche essere tradotto con dipendenza affettiva )

oggi in traduzione italiano presso l’editore Raffaele Cortina
(pagg.178, lire 19.000)

La ricerca arriva in Italia venti’anni dopo l’uscita in Giappone, dove è ormai considerata un classico della scuola del Nihonjinron- alla lettera « teoria dell’uomo Nipponico » - una corrente di pensiero che ha prodotto un’enorme letteratura tutta centrata sul tema della « diversità » dei giapponesi e sul perchè siano diversi. Ma lo sono davvero ? O sentirsi diversi e voluttuosamente desiderare di sentirselo ripetere non forse il rifresso d’un sogno di purezza incontaminata che è proprio di questi isolani ?

La corrente di pensiero che si interroga sulla « unicità » dell’Uomo Nipponico ha prodotto teorie assai discutibili. Una di questa arriva a sostenere che la « diversità nipponica » deriverebbe da uno speciale funzionamento del cervello che elabora con il lobo sinistro quello che noi elaboriamo con il destro o viceversa.

E ancora piu stupefacente, è l’altra teoria secondo la quale anche i giapponesi discendono dalla scimmie ma da scimmie giapponesi, cioè autoctone dell’arcipelago.

La teoria di Takeo Doi è certo meno ardita di quelle ora citate, anche se è una teoria basata sulla puerilità della psciche giapponese : « amae », che la permea tutta, è una emozione,
un « qualcosa » che appartiene originariamente al mondo infantile.

« E’ un popolo di dodicenni », sentenzio il Generale MacArthur alla fine della guerra del Pacifico quando si trovo a dover governare il Giappone. E certo mai MacArthur avrebbe immaginato che uno studioso giapponese si sarebbe assunto il compito di dimostrare scentificamente la veridicità di quella che era stata soltanto una sua intuizione.

Una’idea cardine del sistema
Intuizione folgorante pero, come dimostra Takeo Doi che articola,
a partire dal concetto di « amae », tutta una serie di riflessioni sull’essere giapponese. Parte dalla premessa che ogni lingua esprime un suo esclusivo universo di significati e nota come, in giapponese, esista un ampio vocabolario, una rete di significati tutti riferibili alla sfera di « amae ».

                        つづく

alla prossima puntata...